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Qualche mese fa, un caro amico e grande professionista nel campo dell’erboristeria, Francesco Marino, mi ha chiesto di scrivere un articolo su Babywearing per la sua rubrica “Sentieri di Benessere”. Ma cos’è il babywearing se non un grande strumento d’amore?

Ecco cosa ne è nato.

Il mio babywearing ecco cos’è…

“Una madre si realizza nel migliore dei modi quando è in grado di fidarsi del proprio giudizio” (D.W. Winnicot).

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Sono mamma di due bimbi.
E sono figlia degli anni ‘80, della cultura del latte in polvere, del “lascialo piangere che si fa i polmoni” e “se lo tieni sempre in braccio, va a finire che si abitua e poi prende il vizio”.

Sono figlia di una società che aveva assunto a valori positivi l’individualismo e la competitività, in cui si richiedeva al bambino un’autonomia precoce dal punto di vista emotivo: addormentarsi da solo, non avere l’esigenza di stare in braccio, adeguarsi alle esigenze degli adulti.

Ecco, quando aspettavo l’arrivo di Elio, il mio primogenito, ero convinta che io avrei dovuto fare proprio così.
Avrei dovuto.

La lotta interiore tra il desiderio di tenerlo tra le braccia, contemplarlo, annusarlo per giornate intere e quella vocina interiore che mi diceva che c’erano ancora i piatti della colazione da lavare, io ero ancora in pigiama ed il sole era tramontato da un bel po’.

E se non lo avessi fatto, sarebbe arrivato il giudizio inesorabile di una certa categoria di amici e parenti, quelli con la verità in tasca, sempre pronti a dare il proprio contributo per nutrire il senso di inadeguatezza che mi è piombato addosso quando, tornati a casa i parenti e in ufficio il papà, sono rimasta per la prima volta da sola con mio figlio.

Una mamma conosciuta al corso pre-parto mi consigliò di partecipare ad un incontro informativo sul babywearing.

Cos’è il babywearing?

Cos’è il babywearing a livello concreto, di cosa si tratta? Il termine babywearing significa “indossare il bambino”, tenerlo addosso e muoversi insieme a lui attraverso l’utilizzo di vari supporti in tessuto.

Uno strumento di accudimento, come risposta ai bisogni del bambino, oltre che un mezzo di trasporto. Gli istinti di contatto del neonato sono stati oscurati per decenni dal concetto di “vizio”, ignorando quello che è stato tramandato in millenni di evoluzione. Agli albori della civiltà, infatti, per un neonato rimanere da solo poteva significare morte certa: per questo motivo il contatto ed il movimento rappresentano per lui un’assenza di pericolo.

Il babywearing offre al neonato un ambiente che assomiglia molto a quello uterino, appagando pienamente il suo bisogno di contatto e di movimento.

Varie tipologie di supporto

Vediamo più da vicino i principali supporti.

  • Fascia elastica: il tessuto che la compone può essere 100% cotone o avere una percentuale di elastan al suo interno. È molto avvolgente e particolarmente indicata con i prematuri e con i neonati sotto i 3 kg. Rispetto ad altri supporti risulta più semplice da utilizzare proprio perché il tessuto elastico facilita il posizionamento del bambino anche se la legatura non è perfetta.
  • Fascia rigida: i tessuti che la compongono sono diversi e vanno dal cotone ai tessuti misti come lana, cachemire, seta, lino, canapa, bambù e tessuti sintetici. È il supporto più versatile: il suo utilizzo permette di effettuare tutte le “ legature”.
  • Marsupio ergonomico strutturato: composto da pannello, fascia ventrale e spallacci. Mi preme soffermarmi su questo supporto perché il mercato offre tantissimi modelli, non sempre ergonomici. Un marsupio ergonomico ha una seduta che arriva da un incavo all’altro delle ginocchia (posizione a M), lo schienale morbido che permetta di mantenere la curvatura a C della colonna vertebrale (i bimbi nascono in cifosi totale), un poggiatesta nell’eventualità che il bambino si addormenti.
  • Mei tai: supporto di origine cinese, composto da un pannello centrale e da 4 fasce, due superiori (spallacci) e due inferiori (ventrali). Può avere un pannello centrale fisso o regolabile in altezza e/o ampiezza e le fasce di varie dimensioni.
  • Onbuhimo: supporto di origini giapponesi composto da un pannello centrale, da 2 fasce superiori, come il mei tai. A differenza di quest’ultimo, la fascia ventrale non esiste e viene sostituita con due anelli cuciti alle estremità inferiori del pannello.
  • Ring sling o fascia ad anelli: fascia monospalla utilizzata soprattutto per la posizione laterale, ma utilizzabile anche per la posizione pancia a pancia e sulla schiena per chi è già esperto. Ha due anelli cuciti su una delle due estremità del telo che servono per regolarla.
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Cosa rappresenta per me il babywearing?

Uno strumento d’amore!
Ho iniziato il mio percorso grazie ad una mamma che mi ha prestato la sua fascia, che aveva cullato i suoi figli ormai grandi.

Con Elio stretto al cuore, piano piano sono riuscita a ricreare una routine che ha rimesso entrambi al centro. Che mi ha permesso di non saltare più i pasti, lasciandomi le mani libere per cucinare e mangiare. Che ci ha permesso di uscire senza dover lottare con una carrozzina che non entrava in un ascensore troppo stretto, con il terrore di dover salire e scendere da un autobus sperando nel buon cuore di qualcuno che si offrisse di aiutarci.

Così ho deciso di insegnarlo ad altre mamme. E ogni volta che incontro una mamma (incontro anche me), mi specchio nelle sue paure e cerco di restare sempre un passo indietro, limitandomi ad offrire un’esperienza priva di giudizio.

Perché non è detto che quello che per me è stato un modello salvifico lo sia anche per lei. Perché in fondo Winnicot aveva ragione quando diceva che “una madre si realizza nel migliore dei modi quando è in grado di fidarsi del proprio giudizio”.